Search on this blog

Search on this blog

“Ma quali complessi, tu tieni n’orchestra intera ‘n capa”!  Chi non ricorda la famosa battuta di Massimo Troisi rivolta a Robertino (interpretato dal bravo Renato Scarpa) nel film Ricomincio da Tre. Quella scena esilarante è un buon pretesto per spiegare meglio cosa sono i complessi psicologici. Il concetto di complesso, come definito da Jung, si riferisce ad un insieme di idee costellate da una forte carica emotiva che, trovandosi nell’inconscio, esercitano un’influenza nella vita di una persona.  Si tratta di una rete inconscia di sentimenti e associazioni che esercitano un’influenza coercitiva condizionando la vita dell’individuo. Ma da dove nascono? Possono essere individuali e trovare la loro fonte nelle esperienze infantili, sulla base degli schemi educativi impartiti, e anche in quelle familiari e avere origine in dinamiche tramandate dagli antenati. Jung introduce anche il concetto di complesso come nucleo archetipico collettivo, riferendosi a dei modelli di comportamento che sembrano appartenere ad una conoscenza antica e universale. Tali modelli compaiono nei miti greci, nelle fiabe, nei sogni e sono rappresentati attraverso la cultura di una società e in condotte individuali. In queste rappresentazioni quello che colpisce è la natura compulsiva di qualcosa che spinge alcuni individui a credere, agire e sentire in modi su cui non hanno un controllo cosciente e che potrebbe essere anche in contrasto con i loro principi etici e valori, attivando a livello interno un modo di essere e di agire, quasi come se intrerpretasse un copione scritto da altri.  I complessi non riguardano solo aspetti patologici ma qualsiasi pulsione che induce ad agire alcune condotte. Ad esempio una spinta potente verso il successo, può essere motivo di stress e logoramento, ma anche di produttività e di realizzazione creativa.  Tali condotte, che paiono presentarsi come destino, possono essere un fattore primario dell’evoluzione. Attraverso la presa di coscienza di una dinamica che costringe a reagire in modo impulsivo e compulsivo, si può prendere coscienza di processi interiori e scegliere una condotta diversa.  Raccontiamo l’esperienza di una giovane donna che nelle prime sedute di psicoterapia si presenta come una persona indipendente, amante dei viaggi, con tanti amici e che nel corso delle sedute racconta di avere una relazione con un coetaneo geloso e possessivo; lei si rende conto che è un sintomo di fragilità per cui acconsente a tranquillizzarlo, cambiando inconsciamente le sue abitudini, fino a interpretare il copione della donna devota chiusa a casa. Un copione inconscio, ossia il complesso culturale della donna sottomessa, sembra essersi impossessato di lei, la quale ne soffre e non riconosce più sé stessa. Attraverso la psicoterapia, lei ha potuto vedere l’automatismo di quel comportamento e distinguere la sua vera personalità, prendendo le distanze e individuando il suo vero sè. Un percorso che può essere difficile e doloroso ma che può far maturare una crescita psicologica.