L’uomo è sempre stato affascinato dai sogni e da sempre ha cercato di comprenderne la natura e gli eventuali messaggi.
Nel corso della storia, a seconda delle epoche e delle culture, i sogni hanno assunto un ruolo e dei significati differenti. Sin dai tempi più antichi è stata attribuita loro una grande considerazione; collegati ad un’esperienza visionaria, rappresentavano il passaggio a un’altra dimensione in cui non c’era un controllo cosciente, ma nella quale si potevano ricevere delle rivelazioni. Per questo, gli veniva attribuito un significato profetico, divinatorio e terapeutico. Con il sogno, la divinità poteva portare messaggi per risolvere problemi, indicare rimedi per cure, consigli per prendere decisioni o rivelare eventi futuri.
Nella cultura degli antichi egizi si rinviene il documento più antico sulla loro interpretazione: il “Libro dei sogni ieratico”, che viene datato tra il 2050 e il 1700 a.c., strutturato come un elenco da consultare per trovare un suo possibile significato.
Presso gli antichi egizi, il sogno rappresentava l’incontro dell’uomo con la divinità, ma il significato che gli si attribuiva va distinto dai periodi storici. In una fase più antica, i sogni potevano essere buoni, ed essere ispirati dal dio Horus, oppure brutti, e provenire dal dio Seth, per cui, al fine di propiziare i sogni buoni ed essere protetti dai sogni cattivi, si ricorreva a talismani, a scritti magici su pezzi di papiro, ad amuleti e a specifici poggiatesta per il sonno.
In seguito, il suo ruolo si modifica in una prospettiva divinatoria, templi o santuari venivano eretti come luoghi dove eseguire specifici rituali per propiziare quelli che contenevano messaggi delle divinità. Il loro significato poteva essere compreso da sacerdoti o da indovini onirici, esperti nella loro interpretazione.
Un’altra delle più antiche descrizioni di un sogno in un testo scritto risale al 2000 a.c., nel racconto dell’epopea epica di Gilgamesh, un’opera sumerica scritta con caratteri cuneiformi su tavolette di argilla, nella quale sono narrate le vicende di Gilgamesh, leggendario eroe che nelle sue avventure è spesso accompagnato dai sogni che, in quel contesto, assumevano un valore profetico.
Nella cultura assiro-babilonese i sogni erano presi in grande considerazione, alcune tavolette di argilla datate intorno al 1.500 a.c. raccontano la loro interpretazione e, oltre che fornire informazioni su questa civiltà, testimoniano l’approccio al mondo onirico. Il dio Zuqiqu veniva invocato per ricevere sogni portatori di buona sorte che, inviati da dei e defunti, erano poi interpretati da specialisti per individuare i significati nascosti.
Anche nella mitologia greca, il sogno rappresenta un messaggio comunicato all’uomo da un emissario degli dei o dalla stessa divinità, riguardo a notizie di cui non si poteva avere conoscenza o di predizione di eventi futuri. Nella cultura greca vi erano dei santuari dedicati al dio della medicina, Asclepio, con un recinto sacro nel quale ci si ritirava per acquisire una conoscenza tramite l’esperienza onirica, che era considerata un rito sacro, al quale prepararsi con dei rituali che prevedevano prescrizioni alimentari, di pulizia e rilassamento del corpo, quali bagni termali, ascolto di musica e di inni sacri. Ricevuto il sogno dal contatto con il dio, che consente l’accesso ad una realtà interiore, il sognatore praticava una sorta di autoanalisi e, a volte, la sua interpretazione era veicolata dai sacerdoti che potevano mediare il messaggio della divinità.
Alcuni filosofi, come Platone e Aristotele, non credevano nella relazione tra il sogno e il mondo divino, e lo concepivano in termini fisiologici. Mentre Platone lo considerava solo come suggestione della persona che sognava, per Aristotele quelle immagini oniriche, pur provenendo da sensazioni, potevano essere di ausilio alla vita del sognatore, portandogli indicazioni utili alla cura del suo stato psicofisico. Questa visione anticipava di secoli la considerazione moderna del ruolo del sogno per la psiche.
Nell’antica Grecia, Artemidoro, scrittore e filosofo vissuto circa nel II° secolo d.c., ha scritto un trattato sull’interpretazione dei sogni, dal titolo Onirocritica, nel quale distingue due categorie: i sogni semplici, enupnion, e le visioni oniriche, oneiros; questi ultimi porterebbero un messaggio al sognatore.
Presso la cultura ebraica, i sogni rappresentavano la volontà di Dio. Nella Bibbia, fatte salve le dovute attenzioni verso quelli che potevano contenere false profezie, ci sono numerosi passaggi in cui i sogni venivano considerati come un canale della comunicazione di Dio e la stessa capacità di interpretarli veniva considerata come un dono divino.
Come nel noto racconto della Genesi, nella parte sui sogni del Faraone, quello delle vacche grasse e delle vacche magre, e quello delle spighe di grano, Giuseppe, definito ba‘al ha-chalomot, “il signore dei sogni”, interpreta i sogni del Faraone come dei messaggi divini, profetizzando che vi sarebbero stati sette anni di abbondanza e sette anni di carestia in tutto l’Egitto.
I sogni, quindi, in questa prospettiva, sono dei messaggi reali e concreti, come recita la citazione di rav Hisdà: “Un sogno non interpretato è come una lettera non letta” (Talmud Bavli, Berakhot 55°).
La tradizione ebraica sembra aggiungere alcuni elementi che saranno poi ripresi nella psicoanalisi: l’elemento della simbologia e come un insieme di sogni possono rappresentare l’evoluzione di una situazione, sottolineando l’esistenza di un nesso tra sogno e psiche.
Nell’antica Roma l’importanza dei sogni diminuisce, vengono considerati come un prodotto della fantasia o l’espressione di bisogni reali, uno sfogo di ansie, pressioni o sintomi fisici. L’Imperatore Tiberio (in carica dal 14 al 37 d.c.) decretò addirittura il divieto di consultare aruspici e indovini per la loro interpretazione, salvo che il consulto avvenisse in pubblico e in presenza di testimoni, al fine di evitare che ci potessero essere delle interpretazioni faziose e pericolose per l’Impero.
Nel medioevo i sogni ebbero una reputazione che mutava a seconda dell’orientamento degli imperatori o dei papi, per cui potevano essere considerati come indicazioni divine e dare luogo a fenomeni religiosi e occasione di pellegrinaggi, oppure essere considerati come semplici fantasie ed espressioni di sintomi corporei, se non ritenuti una manifestazione del peccato. Addirittura Papa Gregorio II, in carica dal 669 al 731, ne proibì l’interpretazione, pena la morte.
Con queste fasi alterne, si arriva alla fine del 1800, quando il sogno diviene oggetto di indagine scientifica e ritrova una considerazione importante negli studi degli psicologi e degli psichiatri. La materia dei sogni viene, infatti, studiata da due prospettive: per lo studio del sonno e per l’esplorazione dell’inconscio.
I sogni nella psicologia analitica
La considerazione dei sogni sembra aver avuto un percorso contraddittorio nel corso delle varie epoche anche se un approccio comune sembra quello di percepirli come una possibilità di conoscere aspetti intimi e sconosciuti all’individuo durante la veglia. Questa considerazione si è poi rafforzata e strutturata con l’avvento della psicologia a partire dalla seconda metà del 1800.
Tutti coloro che si interessano ai sogni, conoscono probabilmente il famoso testo di Sigmund Freud ‘L’interpretazione dei sogni’ che, pubblicato nel 1899, segnò un passaggio rivoluzionario nella comunità scientifica degli psicologi che andava sviluppandosi in quel periodo, conferendo validità all’attività onirica come strumento per accedere ai contenuti inconsci della psiche.
In quest’opera Freud ha formulato una teoria dei sogni e fornito delle indicazioni di tecnica interpretativa. Per Freud, l’analisi del sogno tiene conto della sua narrazione come una formazione psichica densa di significato. Il sogno porta un messaggio da decifrare, ha un contenuto manifesto, il racconto del sognatore, che rappresenta la parte che supera una censura interna e dà luogo a un contenuto latente, a quei pensieri e desideri rimossi e inconsci, che possono diventare coscienti attraverso l’analisi. Per esser interpretato, va scomposto nei singoli elementi che vanno decifrati attraverso le libere associazioni del sognatore. Non esiste, quindi, un’interpretazione che si ricava da significati comuni attribuiti agli specifici elementi, ma è un lavoro individuale del sognatore stesso.
Gli approcci di psicologia analitica e delle psicoterapie che si sono sviluppati in seguito, pur nel riconoscere il sogno come elemento importante per contattare i contenuti inconsci, hanno elaborato altri metodi di interpretazione.
Per la psicologia analitica di Carl Gustav Jung la considerazione di Freud dell’inconscio come luogo del rimosso e, quindi, una concezione del sogno come desiderio rimosso che riemerge dalle difese della coscienza sembra riduttiva. Per Jung, nel suo libro ‘L’analisi dei sogni e altri scritti’, il sogno è un prodotto autonomo e significativo dell’attività psichica. In esso sono presenti elementi della psiche individuale ed elementi della psiche collettiva, che rappresenta gli archetipi universali, quelle immagini che possiamo trovare nelle fiabe, nei miti e nelle religioni di tutto il mondo. Tutti i personaggi del sogno non sono loro in quanto tali, bensì sono parti della psiche del sognatore. Ogni personaggio e ogni oggetto rappresenta il simbolico di una parte di noi che richiede attenzione.
Il sogno come messaggio per il sognatore. Questa visione finalistica introduce tre funzioni del sogno: equilibratrice, per recuperare i differenti contenuti psichici, consci e inconsci; di compensazione, per segnalare quei pensieri e comportamenti che sono trascurati nella vita conscia e non considerano il punto di vista inconscio; di anticipazione, il suo contenuto può anticipare eventi o accadimenti, non con un significato profetico, quanto di proporre dei diversi scenari possibili.
Nell’approccio della psicoterapia della Gestalt, il sogno è un atto creativo ricco di significato che, comunicando aspetti del sé frazionato, diventa un mezzo di trasformazione personale, per cui è un’importante risorsa per la terapia. Attraverso il suo racconto, il paziente comunica qualcosa di sé nei vari elementi o parti del sogno che sono considerati come una proiezione di quelle parti scisse che vanno reintegrate. Il terapeuta, facendo identificare il paziente con i vari aspetti del sogno, lo invita a farne l’esperienza, invece di cercare di interpretare i contenuti inconsci della psiche.
A prescindere dai diversi modelli teorici della psicologia e dagli specifici approcci interpretativi, in generale, i sogni sono considerati come messaggi dell’inconscio che ci riportano a delle parti ignorate di noi stessi, ci possono fornire degli spunti di riflessione sulla fase che stiamo attraversando, dove si trovano le nostre difficoltà, riconnetterci a emozioni di cui non avevamo consapevolezza. In questa prospettiva, attraverso le immagini dei sogni, possiamo conoscere aspetti intimi e trovare ispirazione per dei cambiamenti da apportare nelle nostre vite.