La psicoanalisi, dal greco “psyche” e “analysis” studio dell’anima e della mente, è una tecnica psicoterapeutica sviluppata da Sigmund Freud sul presupposto che la vita psichica è inconscia e i disagi psichici derivano dalla mancanza della sua consapevolezza. L’introduzione del concetto di inconscio fu un concetto fondamentale per iniziare a considerare i disturbi mentali non come lesioni biologiche del cervello, ma potevano essere considerati come conseguenza di un passato di esperienze ed emozioni relegate in una parte sconosciuta di sé stessi. Con Freud si avviò quel processo di indagine della mente inconscia che può avvenire solo in modo indiretto attraverso: l’analisi delle forme di pensiero, dei sogni, dei lapsus, dei desideri infantili e delle intuizioni; nonché con il meccanismo del transfert, per in cui il paziente proietta sull’analista alcuni sentimenti relativi ad altre persone.
Il percorso psicoanalitico è orientato alla presa di consapevolezza dei propri contenuti inconsci, partendo dal presupposto che le esperienze dell’infanzia influenzano lo sviluppo della mente e delle nostre relazioni. Nel corso del trattamento, che si articola in genere in almeno due sedute settimanali, è possibile avviare un processo di riorganizzazione interna, del modo di pensare e di sentire.
La figura di Freud è stata centrale e dirompente. Come per tanti personaggi illustri che hanno fatto la storia, anche con lui, tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 si avvia la scienza della psicoanalisi che segna un prima e un dopo. Infatti, prendendo spunto dalle teorie psicoanalitiche, in seguito ad alcune scissioni tra gli studiosi, si sono sviluppate altre psicoterapie orientate analiticamente e definite psicoterapie dinamiche come quelle che si riferiscono a Adolf Adler, Carl Gustav Jung e Wilhelm Reich.
Altri psicologi hanno invece sviluppato degli approcci non ad orientamento analitico, ma psicoterapeutico, più direttamente finalizzato alla soluzione dei sintomi; tra i più noti si riportano quelli comportamentisti e cognitivisti, umanistici, sistemici, gestalt e altri.
Carl Gustav Jung elaborò la teoria della psicologia analitica per la quale, a differenza di Freud, l’inconscio non è solo individuale, ma anche collettivo; e non è un luogo rimosso a cui accedere con l’analisi, ma precede la coscienza.
L’inconscio individuale riguarda la storia del singolo individuo, le sue esperienze rimosse e i complessi, quei contenuti e situazioni che condizionano l’esistenza di un individuo.
L’inconscio collettivo è costituito da immagini, definite archetipi, che esprimono delle rappresentazioni simboliche presenti nella coscienza dell’uomo, derivanti dalla storia universale e presenti nella sua psiche, dotati di contenuto affettivo, che comunicano attraverso il linguaggio dei simboli, quali i sogni, i miti, l’arte, le religioni. Tra i contenuti dell’inconscio, Jung introduce alcune rappresentazioni che agiscono in una specie di dualità contrapposta, quali: l’Animus, immagine del maschile e l’Anima, immagine del femminile; l’Ombra, che rappresenta una parte nascosta di noi stessi e la Persona, la maschera che indossiamo nei diversi ruoli sociali; il Puer e il Senex, al maschile, e la Puella e la Mater al femminile e altre.
Jung individua quattro funzioni psicologiche di base che possono svilupparsi in ogni individuo per percepire l’ambiente circostante e se stessi e sono: il pensiero e il sentimento, definite razionali; la sensazione e l’intuizione, definite irrazionali.
Con la funzione pensiero l’individuo cerca di comprendere la natura del mondo e sé stesso utilizzando dei processi razionali e logici; con il sentimento attribuisce il valore e un giudizio alle cose. Con la funzione sensazione l’individuo ha la percezione delle rappresentazioni concrete del mondo; con l’intuizione, attraverso la percezione dei processi dell’inconscio, elabora le possibilità presenti dietro i fatti.
Insieme a queste quattro funzioni di base, Jung riconosce due tipologie di carattere a seconda del movimento delle energie psichiche dell’individuo verso il mondo esterno: introverso ed estroverso.
Il tipo introverso si caratterizza per l’interesse verso il suo mondo interiore; il suo comportamento e le sue scelte si basano su ciò che sente e che lo soddisfa; non sembra preoccuparsi dell’effetto delle sue azioni, per cui potrebbe avere difficoltà ad adattarsi all’ambiente circostante.
Il tipo estroverso rivolge il suo interesse alla realtà esterna, a cui si riferisce per le sue scelte e decisioni; le sue azioni dipendono da ciò che gli altri pensano e hanno bisogno di sentirsi riconosciuti dagli altri; essendo influenzabili si possono adattare a qualsiasi ambiente.
L’approccio di Jung riguarda la possibilità di conciliare forze diverse all’interno dell’individuo, con la terapia si può raggiungere un senso di interezza di sé stessi, con le proprie dimensioni di estroversione e introversione, nonché le diverse funzioni e l’integrazione tra inconscio personale e inconscio collettivo.